Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), nel primo documento elaborato sulla possibilità di introdurre in Italia il salario minimo per legge, ha sottolineato evidenti criticità, come il problema dei mancati rinnovi contrattuali, sia nel settore pubblico che in quello privato, e la presenza dei contratti pirata. Alla luce dell’analisi già effettuata, nella prossima riunione del 12 ottobre il CNEL si propone ,quindi, di discutere non tanto quanta parte della retribuzione debba mantenersi in capo alla contrattazione collettiva, bensì di come estendere le migliori pratiche di contrattazione alla generalità del lavoro.
Con il primo documento approvato dalla Commissione informazione al termine della prima fase dell’istruttoria tecnica e intitolato “Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia il minimo salariale per legge “ il CNEL esprime le prime valutazioni sul tema affidatogli dal Governo sull’opportunità di introdurre un obbligo legale di erogazione di un salario minimo.
Il documento, precedentemente approvato dalla Commissione dell’Informazione, con il solo voto contrario della CGIL e l’astensione della UIL, afferma che “nel dibattito pubblico, la povertà lavorativa , spesso collegata a salari insufficienti, è invece spesso il risultato di un processo che va ben oltre il salario e che riguarda i tempi di lavoro (ovvero quante ore si lavora abitualmente a settimana e quante settimane si è occupati nel corso di un anno), la composizione familiare (e in particolare quante persone percepiscono un reddito all’interno del nucleo) e l’azione redistributiva dello Stato”.
Il CNEL sottolinea come la direttiva UE 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea non imponga agli Stati membri alcun obbligo di fissare per legge il salario minimo adeguato bensì esonera, là dove esista un robusto ed esteso sistema di contrattazione collettiva, dall’ effettuare ulteriori verifiche o adempimenti.
Secondo i dati presenti nell’archivio del CNEL, in Italia il tasso di copertura della contrattazione collettiva si avvicina al 100%, percentuale nettamente superiore all’80% indicato come parametro della direttiva.
Pertanto, nella prossima riunione straordinaria del 12 ottobre il CNEL si propone di discutere non tanto quanta parte della retribuzione debba mantenersi in capo alla contrattazione collettiva, bensì come estendere le migliori pratiche di contrattazione alla generalità del lavoro.
Il nodo da sciogliere rimane pertanto quello del mai attuato art. 39 della Costituzione italiana.